La seconda “parola della cura” che ho individuato, nella relazione avvocato-cliente, è RISPETTO. 

Infatti l’attenzione e l’ascolto – che la cura presuppone – impongono rispetto: della persona che si rivolge all’avvocato, della sua specificità, e anche della sua autodeterminazione. 

L’avvocato – e particolarmente l’avvocato negoziatore, che opera con metodi di gestione consensuale dei conflitti (negoziazione, mediazione, pratica collaborativa) – non è a mio avviso un “dispensatore di soluzioni calate dall’alto della sua competenza” ma piuttosto deve favorire l’autodeterminazione e l’empowerment del suo cliente e coinvolgerlo attivamente nella gestione del conflitto, affiancandolo e sostenendolo in tutto il percorso senza sostituirsi a lui.