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Essere avvocato significa non solo difendere i diritti dei clienti e patrocinarli in tribunale, ma anche assisterli nella prevenzione dei loro conflitti e nella gestione delle controversie in modo non contenzioso, con l’utilizzo di metodi di negoziazione.

Metto al centro il cliente come “persona” e lo aiuto a raggiungere un accordo che realizzi al meglio i suoi interessi, nel rispetto del suo contesto personale e familiare: un accordo “su misura”, non legato agli standard decisi da un giudice, ma negoziato direttamente.

Credo molto nel lavoro di squadra e sono abituato a cooperare e collaborare con altri professionisti, tutte le volte in cui è opportuna una gestione integrata del conflitto: psicologi, counselor e coach, mediatori, facilitatori, esperti finanziari, notai.

Essere avvocato per me cosa significa?

  • »  aiutare le persone e le famiglie a prevenire e gestire i loro conflitti;
  • »  assisterli in questo percorso di assunzione di responsabilità;
  • »  accompagnarli nell’esplorare i loro bisogni e interessi e nel realizzarli in modo equo, con un accordo sostenibile, attento al contesto, rispettoso di tutte le persone coinvolte, capace di mantenere o ripristinare relazioni importanti;
  • »  è un modo di realizzare i miei valori e crescere, relazionarmi come persona prima che come professionista, contribuire a migliorare il contesto familiare e sociale.

 

Sono un avvocato negoziatore, un mediatore e un avvocato collaborativo.

Che cosa è la negoziazione basata sugli interessi?

È un metodo di negoziazione, sviluppato dalla Scuola di Harvard a partire dalla fine degli anni ’70, che si basa su quattro principi fondamentali: separare le persone dai problemi, concentrarsi sugli interessi e non sulle posizioni, generare opzioni vantaggiose per entrambe le parti, usare criteri oggettivi.

Lo scopo di una buona negoziazione è raggiungere accordi che realizzano gli interessi di tutte le parti coinvolte (modello win-win).

Prima di avviare la negoziazione aiuto il mio cliente ad esplorare i suoi interessi e mettere a fuoco gli obiettivi della negoziazione, in modo da scegliere la strategia più adatta al caso concreto.

Che cosa è la mediazione?

La mediazione è un percorso che consente alle parti, assistite dai loro avvocati, di negoziare in un contesto riservato con l’aiuto del mediatore, un terzo neutrale che favorisce la comunicazione e, se le parti lo desiderano ed è possibile, le aiuta a raggiungere un accordo.

Come avvocato, quando assisto il mio cliente in una mediazione, lo aiuto a mettere a fuoco i suoi interessi e a prepararsi adeguatamente alla negoziazione, costruendo insieme la strategia più adatta. Utilizzo in mediazione le mie competenze relazionali e le tecniche negoziali utili al raggiungimento di un accordo che realizzi al meglio gli interessi del cliente, con attenzione alle altre parti e al contesto.

Ci sono diversi stili e metodi di mediazione.

Nell’approccio della mediazione trasformativa, che utilizzo quando opero come mediatore, si ritiene che le parti abbiano in sé la capacità di gestire, e se lo desiderano, risolvere i loro conflitti, se adeguatamente sostenute. Il mediatore, in questa prospettiva, favorisce il dialogo delle parti, e dei loro avvocati, con una serie di tecniche finalizzate a promuovere l’empowerment, ossia la capacità di autodeterminazione, e la recognition, ossia la capacità di riconoscere i bisogni e gli interessi dell’altro come persona. Non è quindi il mediatore che propone soluzioni o accordi, ma sono le parti che gestiscono tutto il procedimento e decidono se e come raggiungere un accordo che definisca la controversia.

Che cosa è la Pratica Collaborativa?

È un metodo di negoziazione che prevede il coinvolgimento diretto delle parti, sempre assistite dai rispettivi avvocati, con l’intervento di esperti neutrali quando opportuno (un facilitatore, un esperto finanziario, un esperto dell’età evolutiva).

Le parti si impegnano, con un accordo scritto, a negoziare in buona fede con lealtà, trasparenza e riservatezza. Gli avvocati e gli altri professionisti neutrali hanno un mandato finalizzato alla negoziazione collaborativa: in caso di mancato raggiungimento di un accordo, i professionisti non potranno assistere i clienti né in un successivo giudizio che li veda contrapposti, né in un altro tipo di negoziazione.

La pratica collaborativa è nata negli Stati Uniti negli anni ’90 del secolo scorso e si è sviluppata in molti Paesi; è utilizzata principalmente per la gestione dei conflitti familiari. In Italia si è diffusa a partire dal 2010.

Personalmente ho utilizzato con successo la pratica collaborativa per la gestione dei conflitti familiari (separazioni e divorzi): è un metodo di negoziazione molto efficace, che permette di raggiungere accordi che realizzano gli interessi di tutte le parti e che durano nel tempo.

Per approfondimenti si può leggere il libro, da me curato con una collega, La Pratica Collaborativa. Dialogo fra teoria e prassi, a cura di Marco Sala e Cristina Menichino, Torino, Utet, 2017.

È utile anche consultare i siti web di AIADC-Associazione Italiana Professionisti Collaborativi (www.praticacollaborativa.it) e di IACP-International Academy of Collaborative Professionals (www.collaborativepractice.com).